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LET’S ROW 2023 – STEFANO GIOIA RACCONTA…

venerdì 1 Settembre 2023

LET’S ROW 2023 – STEFANO GIOIA RACCONTA…

Sono passati solo pochi giorni dal rientro della squadra italiana U14 che ha partecipato in Germania a Let’s Row Toward Olympics e il grande entusiasmo di Stefano Gioia, Coordinatore del Canottaggio Giovanile per l’Italia, è il segnale che per la seconda volta è stato fatto centro con il progetto europeo che si rivolge ai giovani canottieri U14, e che ha lo scopo di raggiungere una condivisione culturale, sociale e sportiva tra ragazzi di diverse Nazioni. Che cosa è successo quando a distanza di un anno da Vaires-sur-Marne (Parigi) vi siete rivisti ad Amburgo? “Le nazioni del nostro concentramento erano sempre le stesse, rimanevano fissi i responsabili nazionali, cambiavano i tecnici collaboratori, tutti molto giovani ed entusiasti. L’entusiasmo di ritrovarci ancora una volta per lavorare assieme è stato il nostro filo conduttore dall’inizio alla fine. Una precisazione importante. Nato nel dopoguerra, l’Ufficio franco-tedesco per la Gioventù, è un ente pubblico che finanzia le attività come quella di questo progetto tra queste due nazioni. E’ la prima volta, con Let’s Row, che il finanziamento ricade anche su attività nelle quali sono coinvolte altri Paesi, nello specifico: Italia, Gran Bretagna, Serbia, Rep. Ceca e Ungheria, per questo motivo, in ogni concentramento c’erano fisse le squadre di Francia e Germania a cui si aggiungeva una delle altre partecipanti”. 

Quali sono state le reazioni dei ragazzi e delle ragazze all’inizio del camp? “A Milano in aeroporto il gruppo si è riunito per la prima volta, ed ho potuto notare da subito una buona predisposizione allo stare assieme. Arrivati alla sera tardi in ostello ad Amburgo, la prima novità, quella che in precedenza avevamo già deciso, la composizione delle camere con ragazzi di Paesi diversi, e per qualcuno è stato un piccolo shock, ma al secondo giorno l’adattabilità dei partecipanti ha avuto il sopravvento. Differenze tra ragazzi e ragazze? I maschi forse un po’ più reticenti soprattutto quelli che non avevano padronanza della lingua, le femmine più brave nella comunicazione. C’è da dire che all’estero, questo tipo di attività, che porta ad una fattiva collaborazione con gli altri, è in atto da oltre 50 anni, mentre in Italia da molto meno. La filosofia di questo progetto è improntata soprattutto sull’aiutare il gruppo al raggiungimento di un obiettivo, ed una riprova si è vista nei giochi a carattere atletico e di fantasia motoria, dove tutti assieme trovavano il problem solving del caso, la migliore risposta possibile ad una determinata situazione critica”. Il tempo libero? “Pochissimo, questo per sfruttare al meglio tutte le attività in programma. In 5 giorni soltanto al giovedì i ragazzi hanno avuto una mezz’oretta libera. Anche a cena dopo i due turni in mensa (17:30 e 18:30), avevano 1 ora circa di svago prima di andare a letto. Un pomeriggio poi è stato dedicato ad un tour della città, ma che non aveva solo un fine turistico. Divisi in gruppi e sparpagliati per il centro cittadino, dovevano risolvere assieme delle situazioni via via diverse, sempre in competizione tra di loro”.

Hai notato delle differenze tra il gruppo dello scorso anno e quello di questo?  “E’ ovvio che i ragazzi di quest’anno si sono parlati con quelli dell’anno scorso e almeno per qualcosa sapevano che cosa li aspettava, ed erano più preparati: in generale, forse un leggero miglioramento dell’aspetto atletico”.  La tecnica di voga… “Il 90% del lavoro era dedicato in questa prima fase alla tecnica anche per uniformare atleti di società e nazioni diverse. Più della metà dei ragazzi non aveva mai remato di punta, ma sin dalla prima uscita, si sono resi conto di riuscire a fare qualcosa di buono. 70’/80′ minuti soltanto di esercizi e solo gli ultimi 2 km il remare tutti assieme. Devo dire che a differenza di quello che erano i vogatori 15/16enni di 10 anni fa, questi, hanno avuto molta meno difficoltà ad imparare in brevissimo tempo la remata di punta: stupefacente! Un breve briefing di 10′ prima dell’uscita in barca, durante il quale a terra si fissavano le posizioni del corpo e poi via in acqua: ci sono stati dei miglioramenti pazzeschi in brevissimo tempo”. Nazioni diverse, tecniche diverse? “La tecnica negli altri Paesi è sempre più simile a quella che in Italia stiamo attuando da anni: c’è la tendenza a venire sulle nostre posizioni. Anche questo rappresentava un discorso molto delicato. Io con i miei interventi non avevo il compito di stravolgere la tecnica “di casa” che i loro allenatori insegnavano, ma far semplicemente capire che esistono dei motivi biomeccanici per cui si rema in un certo modo”.

Che attività sono state fatte nel camp di preparazione ad Amburgo e quali ad Hannover quando tutti i gruppi si sono riuniti? “I primi 5 giorni sono stati di preparazione con il 90% di tecnica, poi attività linguistiche, giochi finalizzati, preparazione fisica e test per raccogliere dati per quello che sarà uno studio sperimentale in collegamento con una università ungherese. Ad Hannover, è stato dato spazio alle competizioni con gli otto, in gare con equipaggi tri-nazionali (maschili e femminili), nazionali (maschili e femminili) e le gare dei coach, ogni gruppo con un colore dei 5 cerchi olimpici. Dopo ogni blocco di gare si rendeva pubblica la classifica e anche questo era da sprone per cercare di conquistare una miglior posizione”. Parlavi di semina e sedimentazione… “Abbiamo appurato che Let’s Row ha delle enormi potenzialità. La partecipazione ha un grosso impatto e stimolo motivazionale: pochi partecipano (8 maschi e 8 femmine per gruppo), ma quando rientrano a casa diffondono quanto hanno sentito, quanto hanno imparato. Raccontano ai compagni di società, a quelli di scuola, ai loro allenatori, alle loro famiglie, e questo ha un significato molto importante e profondo”.

Il prossimo anno? “Tutto ancora da definire, perché non è dato a sapere se ci sarà ancora il finanziamento che ha permesso due anni di Let’s Row. Se da un lato ci sarebbe la possibilità di accomunare il Progetto ad un Erasmus Plus finanziato dalla Comunità Europea, dall’altro ci sono difficoltà economiche di alcune delle nazioni partecipanti, mentre da un altro ancora, è necessario tener conto che i tecnici francesi saranno impegnati nel mastodontico ingranaggio dell’organizzazione delle Olimpiadi. Per questi motivi, potrebbe esserci nel 2024 un break, da sfruttare per strutturare ancora meglio il progetto che potrebbe studiare tra gli altri un aspetto fondamentale: quello di trovare nuove strategie per migliorare i rapporti tra sport e scuola”. Conclude questa lunga chiacchierata Stefano Gioia: ”Voglio ringraziare la Federazione Italiana Canottaggio e la Direzione Tecnica per la fiducia accordatami, il Circolo Canottieri Saturnia per l’indispensabile supporto”.

Maurizio Ustolin